fbpx
Menu

unframed

“SO STRONG, SO FRAGILE” | INTERVISTA A DIEGO DRUDI

Diego Drudi - "So strong, so fragile"

È Diego Drudi il primo fotografo ospite del salotto di Unframed, la rassegna che Macula ha dedicato alla fotografia contemporanea emergente per conoscere alcune delle proposte più interessanti del momento.

In occasione dell’evento inaugurale, insieme agli altri autori e autrici che saranno i protagonisti dei prossimi mesi, avevamo già avuto modo di introdurre il percorso di Diego Drudi e la sua evoluzione. A partire da un approccio decisamente reportagistico, negli anni l’autore pesarese ha assunto uno sguardo sempre più raccolto e introspettivo, concentrandosi soprattutto sui cambiamenti che le forze della natura fisica e del tempo imprimono su qualsiasi soggetto – sia esso umano, animale, vegetale o materia inanimata.

Insieme abbiamo approfondito il suo ultimo progetto “So strong, so fragile”, osservando e analizzando la sua personale interpretazione dei concetti di forza e fragilità.

Testo dell’intervista

Chi o cos’è “così forte, così fragile”?

So strong, so fragile” riguarda ogni cosa soggetta a cambiamenti che fa parte del nostro pianeta e che in qualche modo può diventare sia forte che fragile.

Come è nato il progetto? Quali sono state le domande che ti hanno guidato nella scelta di questa tematica specifica? 

È nato durante la fase del primo lockdown: come tutti mi trovavo chiuso in casa e da fotografo avevo una grossa spinta nel cercare di produrre un lavoro, di raccontare quel momento che capivo essere un passaggio importante per l’uomo. Vedevo una gran frenesia di fotografi che raccontavano, in maniera anche molto valida, il momento che stavamo vivendo, ma allo stesso tempo capivo che dovevo cercare una frequenza un po’ più lunga. Quello che cercavo non era un lavoro di news ma un aspetto più calmo rispetto a quello che stavo vivendo.

Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"

Il progetto è nato in maniera naturale. La cosa che mi turbava di più in quel momento non era tanto la morte che veniva quotidianamente raccontata – per quanto tragica chiaramente – ma era più l’impotenza dell’uomo verso quello che stava succedendo. Un uomo che era proiettato verso la tecnologia, verso la ricerca, il controllo di tanti aspetti del nostro mondo e allo stesso tempo era completamente bloccato, paralizzato rispetto a questo evento.

In quei giorni avevo la possibilità, vivendo in campagna, di poter trascorrere del tempo all’aperto e vedevo che quello che mi circondava non subiva cambiamenti: era una natura che si rivelava sempre nella stessa maniera. Allo stesso tempo notavo che questa natura era in costante mutamento e si manifestava anche nell’aspetto più forte: la morte. Quindi ho iniziato a ragionare sul concetto che non stavamo noi vivendo un qualcosa di straordinario, per quanto forte e per noi terribile, ma un qualcosa che riguardava tutti; un qualcosa di assolutamente naturale. 

Mi iniziai a interrogare sul concetto di forza e di fragilità: è da lì che è nata un po’ l’idea di questo progetto.

C’è stata un’immagine che hai previsualizzato, o che hai visto, e che è stata la scintilla del progetto?

È stato un processo lungo, le immagini sono state tante e ne ho cambiate tante perché era proprio una ricerca, quindi non sapevo veramente che strada prendere. L’esigenza era fotografare e poi riguardare il materiale che avevo prodotto. Però l’immagine, quella che mi ha fatto capire che tipo di lavoro volessi fare è stata quella di una pietra rotta a metà, che si trova ancora oggi vicino casa: quella è stata probabilmente la scintilla che mi ha fatto ragionare sul concetto.

Nella narrazione di “So strong, so fragile” si alternano immagini singole e dittici, così come il colore e il bianco e nero: perché l’uso di questo linguaggio?

È stata un po’ una sfida per me, nel senso che i lavori precedenti sono sempre stati molto rigidi da un punto di vista narrativo e qua invece ho completamente cambiato il modo di raccontare attraverso le immagini. La scelta è venuta un po’ affrontando questa ricerca e capendo che ad esempio l’utilizzo di immagini sia a colori che in bianco e nero mi suggeriva quell’idea di caos che ci circonda. Non volevo dare un appoggio visivo continuato all’osservatore; e questa alternanza di colore e bianco e nero mi creava proprio quel tipo di atmosfera.

Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"

Ho comunque rispettato una struttura narrativa – ad esempio l’uso di dittici ripetuti – però anche lì è stata una sfida, in quanto ho cercato di concepire l’idea del dittico come due immagini che dialogano, ma il dialogo lo crea l’osservatore; quindi richiede uno sforzo ulteriore rispetto all’immagine singola. E quella connessione che ognuno di noi crea in quelle immagini non è definita, ma l’idea mia non era dare una risposta ma suggerire delle domande.

In questo lavoro ho cercato di mantenere un concetto – che a me piace molto – ed è quello che le risposte chiudono delle porte, le domande le aprono. La cosa che mi viene chiesta di più da chi osserva il lavoro è proprio perché ho scelto di unire quelle due immagini in particolare, ma a me piace lasciare aperta quella risposta.

Per questo progetto sei stato seguito da Alessia Locatelli, curatrice indipendente conosciuta proprio durante un workshop di Macula. Come ti ha aiutato la sua presenza e che strumenti ti ha fornito?

Ho conosciuto Alessia durante quel workshop di Macula, fondamentale, perché proprio grazie a quel workshop sono riuscito a collegarmi con lei e chiederle una consulenza su questo lavoro che stavo iniziando. Alessia è una persona di grande esperienza e sensibilità che ha capito subito quello che volevo raccontare, anche se il lavoro non era semplice.

Un aspetto molto importante è stato, grazie alla sua esperienza, riuscire a tradurre quello che volevo dire in una sequenza di immagini rispettando il mio concetto del lavoro ma aiutandomi a capire in maniera lucida e distaccata quello che stavo costruendo. Ed è stato molto importante: sono consapevole che il lavoro, per come è oggi, non sarebbe stato lo stesso; e allo stesso modo è riuscita anche a capire che canali utilizzare per promuoverlo

A livello pratico, di costruzione del lavoro, ci sentivamo regolarmente: io producevo del materiale e ogni tanto le scrivevo per mostrarle i progressi e insieme discutevamo su come poterlo rendere più forte.

Credo ci sia una grande differenza tra quello che un fotografo vede nel suo lavoro e quello che vedono gli altri; per questo è fondamentale confrontarsi, se si ha la fortuna di avere una persona con una visione ampia anche di quelli che possono essere i premi a cui il lavoro può partecipare, quali gallerie… Ti toglie tanti passaggi, non dico sbagliati, però ti accelera il tempo di promozione del lavoro.

Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"

La cosa che mi ha stupito di più da fotografo è la facilità, così come la rapidità, con cui riusciva a capire un editing e una sequenza: io magari avevo quelle immagini sotto il naso da mesi e mi sfuggivano dei passaggi, che poi una volta riadattati da lei diventavano molto evidenti, anche ai miei occhi. Lì capisci veramente che la produzione di un lavoro di un fotografo non è fatta solamente dal fotografo; ci sono tante figure che possono arricchire e aiutare il fotografo. E questo confronto è fondamentale.

Ripensando un al tuo percorso fotografico, quali sono stati i consigli più utili che hai ricevuto?

Di consigli che ho ricevuto ne esistono veramente tanti…se proprio ne devo scegliere uno ti direi quello di scegliere un tema a cui si è legati e dedicarci del tempo, qualcosa che si conosce bene oppure che si sente tanto. 

Siamo quotidianamente circondati da immagini e credo che oggi la differenza la possa fare veramente una voce singolare su un tema che si conosce bene.

Che consiglio daresti invece tu a chi vuole iniziare o sta già fotografando?

Il primo, che è quello che hanno ripetuto tante volte a me, è quello di credere tanto in quello che si fa, perché i no sono tanti e la differenza la fa proprio il fatto di crederci. Quindi crederci e dedicare tempo al lavoro. Anche perché mi viene sempre da dire che quando nasce un progetto dentro la testa di un autore è qualcosa di completamente illusorio, è un’idea che devi creare. Se non ci credi è difficile poi poter avere quella forza di continuare. 

A livello pratico direi sicuramente quello di frequentare workshop, di partecipare a letture portfolio che secondo me sono molto importanti: al di là di quello che ci viene detto che chiaramente è essenziale per il nostro lavoro, è proprio un modo di mettersi in gioco. Il fatto di avere quella forza di distaccarsi dal lavoro – perché chiaramente i fotografi ci tengono tanto a quello che si fa – e “darlo in pasto” a esperti che te lo analizzano. 

E anche quello di visitare festival fotografici, perché sono un momento di grande ispirazione.

Diego Drudi - "So strong, so fragile"

Diego Drudi

Nato a Pesaro nel 1979, dove vive e lavora.

Partendo dal reportage, approda negli ultimi anni a un linguaggio più introspettivo, che intende indagare i cambiamenti che le forze della natura fisica e del tempo imprimono su qualsiasi soggetto – sia esso umano, animale, vegetale o materia inanimata.

instagram

So strong, so fragile  |  gallery progetto

Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"
Diego Drudi - "So strong, so fragile"