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“TRUE LOVE” | INTERVISTA A JORDAN ANGELO COZZI

Con Jordan Angelo Cozzi, Unframed aggiunge un nuovo tassello al suo mosaico di artisti emergenti della fotografia contemporanea.

Dalla quotidianità nostalgica e sognante di una giovane adolescente nell’entroterra siciliano – raccontata dalle immagini di Valentina Brancaforte  – passiamo a quella dei nostri genitori, o nonni. “True Love” nasce infatti dal desiderio di creare un ponte, un contatto consapevole con le persone più anziane, che Jordan Cozzi stesso definisce i “pilastri dell’epoca contemporanea”.

Il suo lavoro si costruisce attorno al desiderio di custodire e integrare la memoria di una generazione che ogni giorno sembra sempre più lontana dai nostri ritmi, dai nostri mezzi e dalla nostra relazione con il tempo.

Testo dell’intervista

Dopo il primo incontro inaugurale di questa rassegna è arrivato il momento di dedicare un po’ di tempo solo alla tua fotografia, in particolare, ai volti del tuo progetto “True Love”, un lavoro di cui già ci hai parlato un po’ ma che oggi possiamo approfondire meglio e quindi ti chiederei subito: qual è lo sguardo di “True Love”, dove si posa e perché?

In primis si posa sulla vita e sulla storia delle persone anziane, è dedicata alle persone che vivono nelle RSA – quindi nelle residenze socioassistenziali per anziani – e dedicato in particolar modo alle coppie di anziani: coppie che hanno vissuto una vita insieme e alla fine hanno scelto di trascorrere gli ultimi anni della loro vita in compagnia ma in una residenza per anziani. Il perché è nato durante un percorso di volontariato, dove con il liceo abbiamo conosciuto queste persone che vivevano nelle residenze. Ogni mercoledì ci ritrovavamo a cerchio e discutevamo di qualsiasi tema, dalla guerra, alla famiglia, all’amore, ecc., e così avveniva uno scambio anche di generazioni, perché noi avevamo tra i 16 e 17 anni, e ci raccontavamo anche storie che non conoscevamo o che non avevamo mai approfondito o ascoltato da qualcuno che le avesse vissute.

"True Love" - Jordan Angelo Cozzi - Macula - Unframed

Come entri in relazione con queste coppie e come riesci a creare un clima confidenziale?

Diciamo che la prima cosa che faccio quando entro in un a residenza è quello di essere affiancato da qualcuno che conosce già gli ospiti, quindi principalmente la figura dell’animatore, che nell’arco della giornata è chi sta più vicino alla persona. Per l’anziano avere a fianco qualcuno che conosce e di cui si fida è meglio. Un’altra cosa è scambiare qualche chiacchiera prima dello scatto, e con questo intendo anche una mezzora o un’oretta prima di scattare la foto. Magari il set è già pronto, ma a volte ci si ritrova in un’altra stanza e poi lì ci scambiamo un po’ di informazioni facendogli qualche domanda: prima di tutto come si chiama, da dove viene e quanti anni ha e alla fine qual è la sua storia. Per questo mezzora o un’ora, perché le persone anziane hanno voglia di raccontarsi. Di sicuro l’aspetto fondamentale è l’empatia, entrare in empatia con le persone anziane, che non è sempre facile, ma bisogna saperle prendere.

Basandomi su quello che vedo nelle tue immagini, si nota che una costante di questa narrazione è il contatto fisico, non solo sempre presente ma decisamente protagonista. Cosa ci racconta questo contatto?

Il contatto racconta la storia dei nostri nonni, nel senso che all’epoca – soprattutto durante la guerra, quando il contatto veniva meno – ci si scambiavano lettere e non era tutto così veloce come oggi. Anche gli ospiti che vado a trovare nelle residenze hanno sempre voglia di tenerti per mano come fossi un loro nipote, perché hanno bisogno del contatto. Poi per molte persone che soffrono di Alzheimer o altre malattie il contatto è fondamentale per recuperare una memoria, che non è solo quella dei ricordi ma anche memoria visiva e tattile: il corpo e le sensazioni che dà.

In generale, la tua è una fotografia con un’impronta decisamente sociale. Dove affonda le radici questo tuo interesse e che ruolo o compito le attribuisci? Sempre che tu gliene attribuisca uno.

Si, in realtà quando ho cominciato non attribuivo nessun obiettivo e nessun scopo. Negli anni, invece, ho capito che dietro a questo mio interesse c’era qualcosa di più grande: è quello che viene definito “ageismo”, cioè l’indifferenza verso le persone anziane, che mi ha portato a dedicarmi a tutto il mondo della persona anziana, dai ricordi alla quotidianità. La mia è un po’ una lotta, un andare contro l’indifferenza che spesso viene protratta verso le persone anziane; soprattutto rimarcare il valore della persona anziana come individuo fondamentale e come pilastro per la società contemporanea. Questo è l’obbiettivo.

Allargando lo sguardo anche agli altri tuoi progetti, ho notato che oltre ad avere persone anziane come protagonisti predominanti, c’è uno sguardo che lavora tanto sul discorso generazioni e rapporto tra generazioni. In che modo la tua fotografia si relaziona al tempo e al suo trascorrere?

Tornando al discorso delle due generazioni – quella in cui mi ritrovo io e quella dei nostri nonni -, è sicuramente il tempo che si è velocizzato: tramite le tecnologie contemporanee e i mezzi di comunicazione, i social, ecc., non si gode più secondo me di un tempo lineare. È in un certo senso un tornare alle origini, a certi valori, al valore del tempo in sé come esercizio della vita.

Quello che mi dicono spesso le persone anziane che fotografo è che il tempo passa in fretta; e hanno ragione. Però questo insegna anche a saper fare esperienza per poi nel futuro, quando si sarà anziani, ricordarsi di tutto quello che si è fatto per tramandarlo alle nuove generazioni, ai figli e ai nipoti.

Io prendo il secondo nome da mio nonno Angelo che non ho mai conosciuto, e quindi per me è soprattutto il tempo dedicato agli anziani e il tempo che si passa con i nostri nonni, perché spesso ci si dimentica un po’ di loro o come si dice a volte, si pensa che siano immortali; e invece il tempo che noi nipoti abbiamo da dedicargli è davvero poco, per questo è importante ricordarsi di stringerli o dedicargli una carezza: per avere un ricordo più tangibile.

Attualmente a quali progetti ti stai dedicando?

In questo momento mi sto dedicando più a progetti dedicati al rapporto intergenerazionale, quindi alla memoria in primis e in particolare alla memoria dei nostri nonni. Un progetto che realizzerò riguarda una residenza per anziani che si è registrata su TikTok, per cercare di osservare anche questi rapporti più contemporanei e digitali.

"True Love" - Jordan Angelo Cozzi - Macula - Unframed
"True Love" - Jordan Angelo Cozzi - Macula - Unframed

Poi continuo anche attraverso lo studio a rimarcare il valore della memoria fotografica, nel senso che spesso noi anche in casa abbiamo delle vecchie fotografie, soprattutto dei nostri nonni, che magari abbiamo visto solo una volta senza poi indagare. E a me piace ritornare sulla memoria di queste immagini, che all’epoca erano delle vere opere d’arte, e poterle far conoscere meglio a persone esterne e alla famiglia stessa. Spesso quando mi portano delle fotografie in studio per scansionarle, le giro, perché molti non sanno che dietro c’era una scritta, oppure una data, una firma, una dedica. Un ragazzo una volta è venuto in studio e la prima cosa che ho fatto è stata girare la foto, perché sono curioso, e dietro c’era una dedica che sua nonna fece a suo nonno. Lui non l’aveva mai vista e si è emozionato. Questi piccoli dettagli molto poetici, molto umani.

Questo è molto interessante, perché si è persa nel tempo l’abitudine a scrivere o dedicare fotografie, mentre se vai nei mercatini di antiquariato le fotografie hanno sempre qualche parola, anzi difficile trovarne senza. E invece, In termini di tuoi riferimenti in campo fotografico, hai qualcuno a cui ti ispiri, qualche rivista o qualche blog per la tua formazione oltre che ispirazione personale?

C’è Mario Giacomelli, autore di Senigallia che ha lavorato con le case di riposo e ha indagato il tema della morte e dell’orrore di quel contesto in quegli anni, che poi è totalmente cambiato negli ultimi tempi. Poi tra i tanti fotografi stranieri, c’è Michael Wolf: anche io come lui vengo da una cultura architettonica tramite stage e studi a Firenze; quindi, l’impronta di quando realizzo un ritratto è molto strutturata, precisa, spesso verticale come quando fotografi un monumento.

Poi ci sono altri artisti contemporanei che lavorano sugli anziani: cito questa fotografa olandese, Annabel Oosteweeghel, che fotografa persone anziane, la loro intimità ma anche la loro sessualità, che spesso viene discriminata.

Di ispirazione sono anche molti fotografi italiani, come Luca Rotondo che ha realizzato un progetto nelle residenze per anziani, ma in modo più architettonico; o come Melissa Ianiello, una giovanissima fotografa che ha vinto vari premi a livello europeo ma non solo, fotografando coppie di anziani dello stesso sesso, cogliendo lo stigma che spesso non si affronta nel modo corretto.

Spesso, poi, visitare semplicemente le mostre del territorio: mi piace visitare il Museo di Fotografia Contemporanea a Cinisello Balsamo, o la Triennale e in generale i punti di riferimento della cultura fotografica milanese.

Per chiudere ti chiedo, qual è il consiglio che ad oggi ti è servito di più o che daresti a chi vuole dedicarsi alla fotografia?

Quello che mi viene in mente è avere pazienza, nel rispetto dei singoli progetti e anche della tecnica, che matura solo negli anni. E poi per chi lavora soprattutto con le persone, quello di parlare: di non andare subito a fotografare quei cinque minuti e via, ma di scoprire davvero cosa c’è dietro a quella persona.

"True Love" - Jordan Angelo Cozzi - Macula - Unframed

Jordan Angelo Cozzi

Nasce a Milano nel 1994.

Costante nel suo lavoro è lo sguardo intimo ed empatico verso le persone, che si dimostra in immagini di vita quotidiana, privata, assurte a concetti assoluti di amore, tempo e morte.

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"True Love" - Jordan Angelo Cozzi - Macula - Unframed
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"True Love" - Jordan Angelo Cozzi - Macula - Unframed
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